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Introduzione

Le misure ad alta sensibilita' delle deformazioni della crosta terrestre sono fondamentali per lo studio di vari fenomeni geofisici, fra cui le oscillazioni libere della Terra (sia sferoidali che torsionali), le maree terrestri, gli scorrimenti asismici, le dislocazioni cosismiche e l'accumulo stesso di deformazione.
Negli ultimi anni una nuova tipologia di terremoti, i cosiddetti terremoti lenti, sta attirando l'attenzione della comunita' geofisica, anche al fine di risolvere il problema del "deficit di scorrimento sismico". In breve, gli scorrimenti di faglia associati ai terremoti "usuali" rendono conto solo di una frazione del movimento relativo delle placche tettoniche.
I terremoti lenti possono colmare parte di questo deficit senza la produzione di onde sismiche e, quindi, senza essere rilevati dai sismometri. La loro rilevazione, anche con misuratori di deformazione di elevata qualità, e' piuttosto difficile, vista la forte dipendenza (1/R3) dei loro effetti deformativi dalla distanza della faglia sorgente. La rilevanza dei terremoti lenti nei processi sismogenetici e'ancora un problema aperto, ma la loro esistenza e le loro caratteristiche confermano non solo l'ipotesi che i fenomeni di rottura e scorrimento sulle faglie possano avvenire con tempi caratteristici molto diversi, ma anche che la "lentezza" tipica di questi eventi possa essere dovutasia ad una propagazione lenta della frattura, sia ad una bassa velocita' di scorrimento, sia ad entrambe le cause.

Lo scavo delle gallerie autostradali  e dei LNGS sotto al Gran Sassoha consentito l'installazione di un interferometro per la misura continua ad alta sensibilità della deformazione della crosta terrestre, lontano dalla superficie.

In generale, un interferometro in configurazionedi Michelson (come quelli del Gran Sasso) misura ladifferenza in allungamento di due segmenti (bracci). La stazione interferometrica del Gran Sasso e' stata progettata per misurarei cambiamenti di distanza tra tre punti di riferimento, posti ai vertici diun triangolo rettangolo isoscele (A, B e C in Figura 1).

Da maggio 1994 ad ottobre 1995 e' stata misurata la deformazione di un braccio lungo 90 metri (azimuth= N66E) approssimativamente perpendicolare alla direzione locale degli Appennini, usando un riferimento lungo 20 centimetri (azimuth= N24W). Da dicembre 1995 a settembre 1998, sia il braccio di misura che quello di riferimento hanno avuto lunghezza pari a 90 metri. In questa configurazione, le fluttuazioni in frequenza del laser non potevano generare falsi segnali di deformazione crostale, ma poteva essere misurata solo unacomponente della deformazione di taglio.
Attualmente gli allungamentidei due segmenti di 90 metri sono misurati indipendentemente; viene però usata un'unica sorgente laser in modo che la differenza fra i due segnali sia comunque indipendente dalle sue fluttazioni di frequenza.

Fino al 31 gennaio 1996 il rateo di campionamento era variabile; nel seguito si e' preferito utilizzare un rateo fisso, pari a 0.5 Hz fino a settembre 1998 ed a 5 Hz successivamente.

La sensibilità nominale dell'interferomtro e' di circa 3 x 10-12 unità di deformazione ed il tempo di risposta è dell'ordine dei millisecondi. Lo strumento è stato in grado di registrare, senza effetti apprezzabili di non linearità o di isteresi, onde telesismiche di grande ampiezza (6 x 10-7) e segnali veloci (10-7 s-1). La reale sensibilità dello strumento è limitata dallivello di rumore del sito, la cui densità spettrale di potenza segue l'usuale andamento 1/f2.

Fra i segnali registrati si possono menzionarele maree terrestri, le onde telesismiche ed i terremoti lenti.

La strumentazione geodetica della stazione interferometrica comprende ancheun clinometro ad alta sensibilità, realizzato dal CNR-IFSI.
Recentemente è stato installato dall' INGV-Centro Nazionale Terremoti un sismometro a banda molto larga (360 s).

Il principale risultato scientifico ottenuto fino ad ora è rappresentato dall'osservazione edinterpretazione di più di 180 terremoti lenti avvenuti per alcuni mesi a partire da marzo 1997.

Precedentemente erano stati osservati solo alcuni eventi, in Giappone ed in California, ascrivibili a terremoti lenti. Tali eventi erano caratterizzati da segnalidi deformazione quasi esponenziali con tempi caratteristici compresi fra un'ora e tre settimane e da variazioni cosismiche maggiori di alcune parti in10-8.

L'elevato numero di eventi registrati al Gran Sasso potrebbe apparire sorprendente, ma si tratta di eventi di piccola ampiezza e la mancanza di precedenti simili osservazioni potrebbe essere dovuta sia a ratei di campionamento troppo bassi che a livelli di rumore piu' alti,ma anche al basso numero e dalla distribuzione irregolare dei pochi strumenti in grado di registrarli.

Dalle osservazioni al Gran Sasso è stato possibile stabilire che l'ampiezza delle dislocazioni cosismiche relative agli eventi lenti, e quindi il loro momento sismico, scala con la radice quadrata del tempo di salita.
Una tale legge di scala e' in contrasto con l'ipotesi, usuale nella modellizzazione delle faglie, di velocita' di rottura costante, ma e' inaccordo con l'occorrenza di una propagazione lenta della frattura, matematicamente analoga alla diffusione del calore attraverso una piastra.
Una propagazione della rottura siffatta puo' aver luogo se l'attrito dinamico della faglia e' del tipo ad incrudimento per velocita' (velocity- strengthening). Le osservazioni effettuate al Gran Sasso pongono quindi forti vincoli sulla dinamicadei terremoti lenti e, piu' in generale, sulla meccanica delle faglie.

Nello stesso periodo in cui al Gran Sasso venivano registrati i terremotilenti, e dopo più di un anno di assenza di sciami sismici in Appennino,sono stati registrati anche alcuni sciami di terremoti usuali in Italia centrale . Le distribuzioni spazio-temporali degli eventilenti e della sismicita' usuale e la assoluta mancanza di relazione dicausa-effetto fra i diversi tipi di eventi suggerisce che tutti possano essere conseguenza di un unico fenomeno di redistribuzione dello sforzo che ha interessato una larga parte degli Appennini.

La modellizzazione delle osservazioni ha permesso di identificare in una faglia locale, che non risulta essere stata sismicamente attiva in tempi storici, la probabile sorgente degli eventi lenti.
A differenza degli eventi lenti che sono stati osservati nelle zone di subduzione e nei pressidi una zona di transizione fra parti bloccate e parti in scorrimento continuo della faglia di Sant'Andreain California, spesso associati ad eventi sismici usuali, nel caso degli Appennini non è stata osservata alcuna correlazione fra sismicità locale ed eventi lenti. Pertanto, i terremoti lenti potrebbero anche rappresentare un modo di rottur aalternativo per una faglia sismicamente bloccata, complicando notevolmente l'interpretazione dei dati geologici e le stime di pericolosità sismica.

ll progetto è finanziato dall' INFN e dall' INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).


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