Lo scavo delle gallerie autostradali e dei LNGS sotto al Gran Sassoha consentito
l'installazione di un interferometro per la misura continua ad alta sensibilità della
deformazione della crosta terrestre, lontano dalla superficie.
In generale, un interferometro in configurazionedi Michelson (come quelli
del Gran Sasso) misura ladifferenza in allungamento di due segmenti (bracci).
La stazione interferometrica del Gran Sasso e' stata progettata per misurarei
cambiamenti di distanza tra tre punti di riferimento, posti ai vertici diun
triangolo rettangolo isoscele (A, B e C in Figura 1).
Da maggio 1994 ad ottobre 1995 e' stata misurata la deformazione di un braccio
lungo 90 metri (azimuth= N66E) approssimativamente perpendicolare alla direzione
locale degli Appennini, usando un riferimento lungo 20 centimetri (azimuth=
N24W). Da dicembre 1995 a settembre 1998, sia il braccio di misura che quello
di riferimento hanno avuto lunghezza pari a 90 metri. In questa configurazione,
le fluttuazioni in frequenza del laser non potevano generare falsi segnali
di deformazione crostale, ma poteva essere misurata solo unacomponente della
deformazione di taglio.
Attualmente gli allungamentidei due segmenti di 90 metri sono misurati indipendentemente;
viene però usata un'unica sorgente laser in modo che la differenza fra i due
segnali sia comunque indipendente dalle sue fluttazioni di frequenza.
Fino al 31 gennaio 1996 il rateo di campionamento era variabile; nel seguito
si e' preferito utilizzare un rateo fisso, pari a 0.5 Hz fino a settembre 1998
ed a 5 Hz successivamente.
La sensibilità nominale dell'interferomtro e' di circa 3 x 10-12 unità di
deformazione ed il tempo di risposta è dell'ordine dei millisecondi. Lo strumento è stato
in grado di registrare, senza effetti apprezzabili di non linearità o di isteresi,
onde telesismiche di grande ampiezza (6 x 10-7) e segnali veloci
(10-7 s-1). La reale sensibilità dello strumento è limitata
dallivello di rumore del sito, la cui densità spettrale di potenza segue l'usuale
andamento 1/f2.
Fra i segnali registrati si possono menzionarele maree terrestri, le onde
telesismiche ed i terremoti lenti.
La strumentazione geodetica della stazione interferometrica comprende ancheun
clinometro ad alta sensibilità, realizzato dal CNR-IFSI.
Recentemente è stato installato dall' INGV-Centro
Nazionale Terremoti un sismometro a banda molto larga (360 s).
Il principale risultato scientifico ottenuto fino ad ora è rappresentato dall'osservazione
edinterpretazione di più di 180 terremoti lenti avvenuti per alcuni mesi a
partire da marzo 1997.
Precedentemente erano stati osservati solo alcuni eventi, in Giappone ed in
California, ascrivibili a terremoti lenti. Tali eventi erano caratterizzati
da segnalidi deformazione quasi esponenziali con tempi caratteristici compresi
fra un'ora e tre settimane e da variazioni cosismiche maggiori di alcune parti
in10-8.
L'elevato numero di eventi registrati al Gran Sasso potrebbe apparire sorprendente,
ma si tratta di eventi di piccola ampiezza e la mancanza di precedenti simili
osservazioni potrebbe essere dovuta sia a ratei di campionamento troppo bassi
che a livelli di rumore piu' alti,ma anche al basso numero e dalla distribuzione
irregolare dei pochi strumenti in grado di registrarli.
Dalle osservazioni al Gran Sasso è stato possibile stabilire che l'ampiezza
delle dislocazioni cosismiche relative agli eventi lenti, e quindi il loro
momento sismico, scala con la radice quadrata del tempo di salita.
Una tale legge di scala e' in contrasto con l'ipotesi, usuale nella modellizzazione
delle faglie, di velocita' di rottura costante, ma e' inaccordo con l'occorrenza
di una propagazione lenta della frattura, matematicamente analoga alla diffusione
del calore attraverso una piastra.
Una propagazione della rottura siffatta puo' aver luogo se l'attrito dinamico della
faglia e' del tipo ad incrudimento per velocita' (velocity- strengthening).
Le osservazioni effettuate al Gran Sasso pongono quindi forti vincoli sulla
dinamicadei terremoti lenti e, piu' in generale, sulla meccanica delle faglie.
Nello stesso periodo in cui al Gran Sasso venivano registrati i terremotilenti,
e dopo più di un anno di assenza di sciami sismici in Appennino,sono stati
registrati anche alcuni sciami di terremoti usuali in Italia centrale . Le
distribuzioni spazio-temporali degli eventilenti e della sismicita' usuale
e la assoluta mancanza di relazione dicausa-effetto fra i diversi tipi di eventi
suggerisce che tutti possano essere conseguenza di un unico fenomeno di redistribuzione
dello sforzo che ha interessato una larga parte degli Appennini.
La modellizzazione delle osservazioni ha permesso di identificare in una faglia
locale, che non risulta essere stata sismicamente attiva in tempi storici,
la probabile sorgente degli eventi lenti.
A differenza degli eventi lenti che sono stati osservati nelle zone di subduzione
e nei pressidi una zona di transizione fra parti bloccate e parti in scorrimento
continuo della faglia di Sant'Andreain California, spesso associati ad eventi
sismici usuali, nel caso degli Appennini non è stata osservata alcuna correlazione
fra sismicità locale ed eventi lenti. Pertanto, i terremoti lenti potrebbero
anche rappresentare un modo di rottur aalternativo per una faglia sismicamente
bloccata, complicando notevolmente l'interpretazione dei dati geologici e le
stime di pericolosità sismica.
ll progetto è finanziato dall' INFN e
dall' INGV (Istituto Nazionale
di Geofisica e Vulcanologia).