Esperimento DAMA

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Fin dall'inizio del secolo scorso gli astronomi notarono che per spiegare i movimenti dei corpi celesti non era sufficiente la sola materia visibile. Il primo ad accorgersene, negli anni ‘30, fu l'astronomo svizzero Fritz Zwicky; infatti, studiando il movimento delle galassie dell’ammasso della costellazione della Chioma di Berenice, egli notò come esse si muovessero molto più rapidamente di quanto atteso. La loro velocità poteva essere spiegata solo considerando le galassie immerse in un campo gravitazionale molto più intenso di quello generato dai soli oggetti visibili dell’ammasso. Alcuni anni dopo quanto già osservato da Zwicky fu confermato da osservazioni sull'ammasso di galassie della costellazione della Vergine. Un passo decisivo fu fatto negli anni ‘70 quando diverse osservazioni mostrarono che lo stesso effetto era presente anche all'interno delle galassie a spirale. Infatti, nelle galassie a spirale come la nostra, la Via Lattea, la maggior parte della materia visibile è concentrata nel nucleo centrale e, quindi, per le leggi della gravitazione, la velocità con cui gli oggetti astrofisici ruotano attorno ad esso dovrebbe diminuire rapidamente all’aumentare della loro distanza dal centro della galassia. Le osservazioni hanno mostrato, invece, che tali corpi celesti si muovono molto più rapidamente di quanto atteso, richiedendo la presenza di una componente di materia non visibile che contribuisca ad aumentare l’attrazione gravitazionale. Tale materia è stata generalmente indicata col nome di materia oscura.

All'inizio si pensò che la materia oscura dovesse essere costituita da oggetti invisibili di natura prettamente astrofisica: stelle troppo deboli per essere osservate, pianeti, buchi neri o stelle di neutroni, ecc. Osservazioni di vario tipo hanno però escluso che tali possibilità possano costituire la soluzione al problema. In particolare, ricordiamo gli studi effettuati attraverso l'osservazione delle microlenti gravitazionali: quando uno di questi oggetti “oscuri” passa tra la Terra e una stella luminosa distante, il campo gravitazionale dell'oggetto invisibile devia verso la Terra una parte della luce emessa, così che la luminosità della stella lontana aumenta temporaneamente per l’osservatore in un modo caratteristico. Simili eventi sono stati ricercati osservando per lungo tempo le stelle della Grande Nube di Magellano; i risultati accreditano che, anche considerando un simile contributo, la materia - così come siamo abituati a conoscerla - non può comunque costituire più del 4% della massa totale dell’Universo. Conclusioni analoghe possono essere ricavate dalle teorie, che descrivono la nucleosintesi primordiale. Tali teorie, considerando reazioni note della fisica nucleare, si propongono di spiegare i processi avvenuti nell’Universo primordiale che hanno determinato la formazione dei nuclei atomici leggeri. In particolare, esse, permettono di calcolare la quantità attuale di elementi leggeri come l'idrogeno, l'elio e il litio, che sono di gran lunga gli elementi più abbondanti nell’Universo. Del resto l’abbondanza dei nuclei leggeri nel cosmo è stata misurata sperimentalmente e le osservazioni si accordano in modo soddisfacente con le teorie; questo ha portato a concludere che gran parte della materia che costituisce l’Universo è oscura e non può essere della stessa natura dei nuclei atomici.

Va ricordato che, per spiegare gli effetti gravitazionali osservati, sono state anche formulate teorie basate sull’ipotesi di una gravità modificata; queste, però, mancano di generalità e talora richiedono comunque la presenza di una certa quantità di particelle di materia oscura al fine di far concordare tutte le osservazioni e, anche, le teorie di formazione delle strutture. Tali teorie non offrono, quindi, nella pratica una adeguata spiegazione alternativa agli effetti osservati.

Ulteriori importanti informazioni derivano, poi, dalle osservazioni su una componente di radiazione che pervade il cosmo, relitta dal Big Bang, e nota come fondo cosmico a microonde. Lo studio di tale radiazione di fondo - insieme alle misure sulle stelle in esplosione Supernovae di tipo Ia – permette di studiare la composizione dell’Universo nell’ambito della teoria del Big Bang. Le osservazioni degli ultimi anni suggeriscono che circa il 70% della densità dell’Universo sia attribuibile ad una così detta energia oscura, che indurrebbe una espansione accelerata dell’Universo e la cui natura è ad oggi molto controversa. La densità rimanente, circa il 30%, è dovuta, invece, alla materia ordinaria e, in modo preponderante, alla materia oscura. Quest’ultima deve essere, quindi, composta di particelle subatomiche, presumibilmente generate negli istanti iniziali dell’Universo. Le particelle di materia oscura formano un gas non dissipativo all’interno delle galassie, come la nostra Via Lattea (attraversano, ad esempio, continuamente la Terra), e costituiscono un alone che contribuisce all’attrazione gravitazionale che tiene legati gli oggetti astrofisici lì presenti.

La tecniche sperimentali della fisica delle particelle possono, quindi, permettere anche di investigare la presenza della materia oscura nella nostra Galassia. La fisica delle particelle, che ha come oggetto di ricerca i costituenti ultimi della materia di dimensioni infinitesime, può quindi aiutare anche a spiegare la formazione ed il movimento di corpi celesti di grandi dimensioni e l’evoluzione complessiva dell’Universo.

In letteratura è stata proposta una vasta zoologia di particelle candidate come materia oscura nell’ambito di teorie che richiedono il superamento del così detto Modello Standard delle particelle elementari. Il Modello Standard è la teoria utilizzata finora per spiegare le osservazioni sperimentali sui costituenti fondamentali della materia; questo modello, però, pur essendo stato in grado di descrivere molti fenomeni, presenta alcuni aspetti irrisolti che si vogliono dirimere in teorie più generali che estendono questo modello a scale di energia più elevate. Le particelle di materia oscura devono avere alcune caratteristiche peculiari: i) devono essere particelle con massa (in modo da contribuire all’attrazione gravitazionale nelle Galassie e negli ammassi, e contribuire alla massa totale dell’Universo); ii) devono avere una probabilità di interazione con la materia ordinaria molto piccola (in questo modo possono essere sopravvissute numerose fino ai nostri giorni, seppure prodotte nei primi istanti successivi al Big Bang); iii) devono essere neutre. Come particelle candidate sono stati dapprima considerati i neutrini; però, sia le attuali conoscenze su di essi che la necessità di spiegare in modo coerente la formazione delle strutture galattiche e degli ammassi, li pongono in un ruolo quantitativamente modesto (< 1% della densità totale). Alcuni candidati vengono spesso raggruppati sotto il termine WIMP (“weakly interacting massive particles”), benché possano presentare caratteristiche di interazione, massa, etc. molto diverse tra loro in diversi scenari. A tale classe appartiene ad esempio il neutralino, una particella prevista nelle cosiddette “teorie supersimmetriche”, il cui valore di massa atteso può variare circa dalla massa del protone fino a migliaia di volte questa, dipendendo dalle assunzioni teoriche adottate. Molte altre particelle candidate sono state considerate in letteratura e tra queste sono molto interessanti gli assioni ed i bosoni leggeri, che hanno natura simile a quella degli assioni ma presentano massa più elevata (dell’ordine dei keV); questi ultimi sono potenzialmente in grado anche di spiegare alcune particolari osservazioni astrofisiche.

Esistono varie attività realizzate in laboratori sotterranei che hanno come finalità la rivelazione diretta di particelle di materia oscura; essi utilizzano differenti materiali-bersaglio, differenti metodologie e presentano differenti sensibilità ai vari candidati e scenari possibili. Si possono anche compiere attività di investigazione cosiddetta indiretta in esperimenti nello spazio, sott’acqua o sotto il ghiaccio polare. Negli esperimenti di ricerca indiretta si cerca di evidenziare (rispetto ad un valore di fondo stimato in una qualche modellizzazione) la presenza di particelle secondarie prodotte – cosa possibile solo nel caso di alcuni candidati di materia oscura e sotto alcuni assunti particolari – in processi di annichilazione, che potrebbero avvenire se ci fosse un accumulo particolare di tali candidati all’interno dei corpi celesti come il Sole o la Terra o al centro della Galassia.

Nel seguito concentreremo l’attenzione sulla rivelazione diretta. Questo campo della fisica delle particelle richiede lo sviluppo e l’utilizzo di tecniche sperimentali particolari che siano in grado di evidenziare il segnale che queste particelle producono interagendo con la materia ordinaria. A causa della molto piccola probabilità di interazione, infatti, questi eventi sono ovviamente rari e per essere osservati occorre ridurre al massimo il numero di eventi di origine diversa. Per questo gli studi sulle particelle di materia oscura si svolgono in laboratori sotterranei, come quello del Gran Sasso, dove la schermatura offerta dalla montagna che sovrasta i laboratori (lì circa 1500 m di roccia) assorbe la maggior parte delle particelle che colpiscono la superficie della Terra, i cosiddetti raggi cosmici. Allo stesso modo, per permettere la rivelazione, anche la radiazione prodotta dalle fonti di radioattività naturale e artificiale che circondano l’apparato sperimentale deve essere ridotta. Gli apparati stessi debbono essere realizzati con materiali molto radiopuri ed essere inseriti in schermature molto pesanti costituite ad esempio da piombo, rame, cadmio, paraffina, ecc., che assorbono la radiazione presente nell’ambiente del laboratorio. Per quel che riguarda le tecniche di rivelazione delle particelle di materia oscura, esistono vari approcci che offrono sensibilità differenti non solo a candidati diversi, ma anche allo stesso tipo di candidato in scenari diversi, e possono fornire risultati complementari. Le finalità di tali ricerche sono: i) la rivelazione sperimentale delle particelle di materia oscura dell’Universo indipendentemente dalla loro natura; ii) la composizione e natura di tale componente di materia oscura. La prima necessita di un approccio sperimentale per la loro rivelazione che sia indipendente da modelli, mentre la seconda richiede sempre il confronto con varie ipotesi possibili di natura astrofisica, di fisica nucleare e particellare esistenti. Gli approcci indipendenti da modelli sono basati essenzialmente su effetti indotti dal moto della Terra; in particolare, quello ad oggi ben esplorabile tecnicamente, sensibile a particelle con massa e sezione d’urto comprese in un ampio intervallo di valori possibili, ecc., è la cosiddetta marcatura della modulazione annuale, esplorata con successo ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dall’esperimento DAMA con gli apparati di NaI(Tl) altamente radiopuri: quello detto, DAMA/NaI di circa 100 kg di massa esposta, che è stato in misura fino al Luglio 2002, ed il suo successore DAMA/LIBRA attualmente in presa dati, che consta di circa 250 kg di massa esposta e costituisce una versione ampliata e migliorata del precedente.

L’esperimento DAMA/LIBRA è quello che offre oggi nel campo – tra l’altro - la maggiore massa esposta, la radiopurezza più elevata, il controllo completo e costante delle condizioni di misura, il maggiore tempo di raccolta dei dati. Esso è composto di 25 rivelatori di particelle costituiti da cristalli di Ioduro di Sodio (NaI(Tl)) altamente radiopuri, per una massa complessiva di circa 250 kg. I cristalli sono inseriti all’interno di una schermatura di molte tonnellate, costituita da differenti spessori di Rame, Piombo, Cadmio, Polietilene e Paraffina e di una copertura di circa un metro di cemento, costruito dalla stessa roccia del Gran Sasso. I rivelatori sono, inoltre, isolati dall’aria del laboratorio da tre livelli di sigillazione e mantenuti costantemente in atmosfera di azoto iperpuro, per evitare qualunque contatto con il gas radioattivo Radon, presente in tracce nell’ambiente esterno all’installazione. Gli scintillatori di NaI(Tl), che costituiscono il cuore di DAMA/NaI prima e di DAMA/LIBRA ora, sono particolarmente adatti per tale tipo di esperimenti; infatti, essi sono sensibili a particelle di materia oscura di varia natura, sia di piccola che di grande massa, e che interagiscono con la materia in vario modo. Quando una tale particella interagisce con uno dei cristalli scintillatori, induce una serie di processi il cui risultato finale è l’emissione di luce caratteristica, che può essere osservata. Una proprietà importante di questi rivelatori NaI(Tl) e delle parti che compongono tutto l’apparato è l’elevata radiopurezza intrinseca raggiunta (dopo un lungo lavoro che ha coinvolto per molti anni il gruppo sperimentale e le ditte costruttrici). Essi, infatti, al contrario dei materiali, che si utilizzano nella vita comune, hanno un contenuto residuo di contaminanti radioattivi estremamente ridotto (in ogni cristallo il numero di nuclei radioattivi è di alcuni ordini di grandezza inferiore a un miliardesimo del numero degli atomi di Iodio e di Sodio).

Gli apparati DAMA/NaI e DAMA/LIBRA sono stati progettati e realizzati per essere in grado di dare una risposta sulla presenza di particelle di materia oscura nell’alone galattico in modo indipendente da modelli teorici ipotizzati a priori, grazie alla marcatura (cioè alla caratteristica identificazione) detta “della modulazione annuale”. Questa marcatura – originariamente suggerita a metà degli anni ’80 da Freese et al. -richiede che molti requisiti specifici siano soddisfatti contemporaneamente in modo da fornire un’evidenza inequivocabile. Infatti, a causa del moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole e del moto del Sole nella Galassia, il flusso di particelle di materia oscura che raggiungono la Terra è atteso variare ciclicamente ogni anno. In particolare, il flusso è massimo intorno a circa il 2 Giugno – quando la componente della velocità della Terra parallela alla velocità del Sole nel riferimento galattico è massima - quindi diminuisce fino a raggiungere il minimo sei mesi più tardi, per poi crescere di nuovo. Ci si aspetta, perciò, di misurare un numero maggiore di interazioni di particelle di materia oscura con lo Ioduro di Sodio intorno a circa il 2 Giugno ed un numero minore intorno a circa il 2 Dicembre.

L’origine di questo effetto è diversa da quella delle stagioni sulla Terra e presenta, quindi, molte peculiarità diverse (ad esempio, la fase) rispetto ad effetti invece con esse correlati. La marcatura della modulazione annuale è molto distintiva ed è estremamente efficace perché devono essere soddisfatti contemporaneamente molti requisiti: 1) il tasso di conteggio deve variare ciclicamente in accordo con una funzione di tipo coseno; 2) deve variare con periodo di un anno; 3) deve avere un massimo intorno a circa il 2 Giugno; 4) deve riguardare solo particelle che rilasciano poca energia nel rivelatore, come fanno le particelle di materia oscura; 5) deve riguardare solo gli eventi in cui uno solo dei rivelatori dell’apparato produce segnale, poiché la probabilità che una particella di materia oscura interagisca con più rivelatori è trascurabile; 6) l’ ampiezza della componente modulata deve essere, nella maggior parte degli scenari, minore di circa il 7%. Tutto questo rende questa strategia molto competitiva a patto di realizzare un esperimento di grande massa, elevata radiopurezza e con un elevato controllo delle condizioni di misura, come è il caso del precedente esperimento DAMA/NaI e dell’attuale DAMA/LIBRA.

DAMA/NaI è stato in misura per sette cicli annuali fino al Luglio del 2002 ed ha osservato un effetto di modulazione annuale che soddisfa tutte le caratteristiche peculiari della marcatura della modulazione annuale. Questa misura è stata la prima evidenza sperimentale diretta di rivelazione della materia oscura e della sua presenza nella nostra Galassia. Questo risultato è stato ulteriormente ed indipendentemente confermato dai risultati ottenuti nei primi 4 cicli annuali di DAMA/LIBRA rilasciati nel 2008 e negli ulteriori risultati dei successivi 2 cicli annuali rilasciati all’inizio del 2010. Anche DAMA/LIBRA, infatti, ha misurato un effetto di modulazione annuale con le stesse peculiarità del segnale osservato da DAMA/NaI, raggiungendo una migliore sensibilità grazie anche alla maggiore massa esposta. Considerando complessivamente i dati cumulativi dei due esperimenti, le misure si riferiscono a ben 13 cicli annuali, in ciascuno dei quali è stato osservato in modo indipendente tale effetto di modulazione; l’esposizione complessiva raggiunta è di circa 1,17 tonnellate x anno, vari ordini di grandezza più grande delle esposizioni raggiunte tipicamente in questo campo. L’effetto di modulazione osservato risulta complessivamente estremamente significativo. Inoltre, sono stati analizzati con grande accuratezza tutti i possibili effetti sistematici e/o processi in concorrenza; nessuno in grado di spiegare l’ampiezza osservata della componente modulata e di soddisfare contemporaneamente tutti i requisiti della segnatura è stato trovato né suggerito da alcuno in più di un decennio. I risultati ottenuti da DAMA/NaI e DAMA/LIBRA soddisfano tutte le specifiche richieste della marcatura studiata e indicano quindi la presenza di particelle di materia oscura nella nostra Galassia con elevatà significatività. Essi sono, inoltre, compatibili con un ampio insieme di scenari possibili sia sulla natura di tali particelle, sia sulle loro caratteristiche di interazione, sia sulla struttura dell’alone galattico. In particolare, sono state finora eseguite numerose interpretazioni dell’effetto osservato in termini di vari possibili candidati e scenari di fisica delle particelle, nucleare e di astrofisica; altre interpretazioni sono in corso e/o previste. Va notato che nessun esperimento, il cui risultato possa essere confrontato in modo indipendente da modelli con quelli di DAMA/NaI e DAMA/LIBRA, è attualmente disponibile. Si ricorda anche che alcune misure eseguite in esperimenti di ricerca indiretta condotti su satellite, se interpretate in termini di annichilazione di particelle di materia oscura nell’alone galattico, danno risultati fortemente dipendenti dai modelli interpretativi che non sono in conflitto con quelli ottenuti da DAMA. Inoltre, i risultati attualmente disponibili nell’ambito della ricerca diretta, ottenuti da altri esperimenti che utilizzano differenti nuclei bersaglio e differenti approcci, non danno nessun risultato in sostanziale conflitto con quello di DAMA.

Le proprietà caratteristiche e uniche di DAMA/LIBRA permetteranno, inoltre, di approfondire nel prossimo futuro gli studi sulle particelle candidate e sugli aspetti astrofisici, nucleari e delle particelle elementari correlati, di investigare ulteriori peculiarità del segnale e possibili effetti al secondo ordine.

L’esperimento DAMA ha anche realizzato nel corso degli anni altri esperimenti per la misura di molti processi rari utilizzando i suoi apparati sperimentali. Oltre all’apparato DAMA/LIBRA e DAMA/NaI già descritti (che, oltre all’investigazione della materia oscura, hanno permesso anche di studiare altri processi rari con i dati raccolti in differenti regioni energetiche), si conducono misure utilizzando un apparato a di 6,5 kg di Xenon liquido arricchito in 136Xe e 129Xe, DAMA/LXe, che è stato il primo esperimento di materia oscura con Xenon liquido, l’apparato DAMA/R&D che può ospitare - all’interno di una schermatura multi-componente sigillata e mantenuta in atmosfera di azoto iperpuro – esperimenti di piccola scala utilizzando rivelatori a scintillazione (si veda la pagina principale) e rivelatori di Germanio di basso fondo intrinseco dei Laboratori del Gran Sasso. Tra i risultati più interessanti ottenuti ricordiamo: lo studio di modi di decadimento doppio beta in vari isotopi (e.g. 40Ca, 46Ca, 48Ca, 64Zn, 70Zn, 180W, 186W, 106Cd, 108Cd, 114Cd, 136Ce, 138Ce, 142Ce, 130Ba), lo studio di possibili processi che violino la conservazione della carica, di possibili processi che violino il principio di esclusione di Pauli, di possibile instabilità dei nucleoni, e anche ricerche di assioni solari, di particelle esotiche, ecc.


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